Nelle cellule del nostro organismo sono localizzati i cromosomi, che contengono l’informazione genetica. In ogni cellula ci sono 46 cromosomi, organizzati in 23 coppie: ogni coppia è formata da un cromosoma ereditato dal padre e da un cromosoma ereditato dalla madre. Le prime 22 coppie di cromosomi sono simili nell’uomo e nella donna (autosomi), mentre la coppia 23 è costituita dai cromosomi sessuali, XX nella donna e XY nell’uomo. Ogni cromosoma è formato da DNA, che costituisce i geni. Ogni gene ha una specifica funzione, sebbene al momento attuale non sia nota la funzione di tutti i geni. Anche i geni sono solitamente presenti in coppie, uno di origine paterna ed uno di origine materna. Una malattia genetica si può verificare se uno o più geni non funzionano e può essere ereditaria, cioè trasmissibile di generazione in generazione. Le modalità con cui una malattia genetica si può trasmettere sono diverse e dipendono dal tipo di errore del DNA e dalla sua localizzazione (autosomica dominante, recessiva o legata al cromosoma X). In ogni cellula è presente inoltre un numero variabile di copie di DNA mitocondriale, localizzato all’interno dei mitocondri ed ereditato esclusivamente per linea materna.
Con questo test è possibile:
-Identificare il difetto genico responsabile della patologia;
- Confermare la diagnosi clinica di malattia;
- Identificare lo stato di portatore della malattia.
Possibili risultati del Test
Test positivo:
Per i soggetti affetti, la diagnosi molecolare è supportata nei casi in cui la variazione di sequenza identificata, sia già stata descritta in altri pazienti affetti. Qualora si identifichi una nuova variante presumibilmente patogenetica, come ad esempio nel caso di variazioni che portano alla formazione di una proteina tronca, potrebbe essere utile la ricerca della stessa nei consanguinei del probando per valutarne la segregazione e chiarirne il ruolo causativo. In questo modo è quindi possibile determinare la diagnosi molecolare in un nuovo soggetto e/o stabilire un rischio di ricorrenza nei familiari al fine di poter poi programmare adeguate misure preventive e/o terapeutiche.
Test non conclusivo:
L’identificazione di una nuova variazione mai descritta in letteratura e/o priva di un’evidente significato patogenetico non potrà consentire una chiara correlazione genotipo-fenotipo. In questi casi si consiglia di estendere la ricerca della nuova variante identificata ai consanguinei del probando per valutarne la segregazione e chiarirne il contributo. Per alcuni soggetti, potrebbero rendersi necessari eventuali ulteriori indagini clinico/strumentali per l’individuazione di segni minori o un’attenta rivalutazione clinica dei segni di malattia.
Test negativo:
L’assenza di variazioni nelle regioni genomiche indagate non esclude la diagnosi clinica ma suppone:
• La possibile presenza di alterazioni non identificabili mediante sequenziamento, ovvero grandi riarrangiamenti che determinano la perdita (delezione) o il guadagno (duplicazione) di estese porzioni geniche;
• La possibile presenza di variazioni di sequenza in regioni geniche non investigate con questo test, ovvero regioni regolatorie (5’ e 3’ UTR) e regioni profondamente introniche; • La possibile presenza di variazioni in altri geni non indagati con il presente test.
Per i geni a trasmissione autosomico dominante, la probabilità che un genitore affetto trasmetta la variante-malattia alla prole è pari al 50% per ciascuna gravidanza, indipendentemente dal sesso del concepito.
Per i geni a trasmissione autosomico recessiva, la probabilità che un genitore portatore trasmetta la variante-malattia alla prole è pari al 50% per ciascuna gravidanza. Pertanto in caso di coppia di portatori sani si avrà il 25% di probabilità di avere un figlio affetto, indipendentemente dal sesso del concepito.
Per i geni che si trasmettono con modalità X-linked recessiva, la probabilità che una femmina portatrice trasmetta la variante-malattia alla prole è pari al 50% per ciascuna gravidanza, indipendentemente dal sesso del concepito. Mentre un maschio affetto trasmette la variante malattia solo alle figlie femmine, che risulteranno portatrici.
Indicazione del rischio per la prole:
Ad ogni gravidanza, una femmina portatrice avrà quindi il 50% di probabilità di avere un figlio maschio affetto e/o una figlia femmina portatrice.
Per i geni che si trasmettono con modalità X-linked dominante, la probabilità che una femmina affetta trasmetta la variante-malattia alla prole, che risulterà affetta, è pari al 50% per ciascuna gravidanza, indipendentemente dal sesso del concepito. Mentre un maschio affetto trasmette la variante-malattia solo alle figlie femmine, che risulteranno affette.
A causa della penetranza incompleta e della ridotta espressività è possibile che la prole, sebbene abbia ereditato la variante malattia, non presenti la patologia o la manifesti con sintomatologia più lieve.